Il governo di Pechino avrebbe deciso di utilizzare esclusivamente hardware e software prodotto localmente per i computer utilizzati in sede instituzionale, questo significa ad esempio che nel prossimo futuro all’interno degli uffici pubblici cinesi non verranno più utilizzati terminali equipaggiati con sistemi operativi sviluppati all’estero quali Windows e macOS.
Stando alle notizie attualmente disponibili la transizione verso la completa autarchia tecnologica in questo settore dovrebbe essere completata entro i prossimi due anni, le prospettive di un cambiamento di questo genere sono epocali anche in considerazione del fatto che le postazioni coinvolte dovrebbero attestarsi a non meno di 50 milioni di unità.
Un forte segno di chiusura che comporterà grandi cambiamenti per le aziende del settore
Dal punto di vista della globalizzazione ciò potrebbe tradursi nell’inizio della fine di un modello che vedeva l’Occidente fornire software alla Cina e quest’ultima realizzare la componenti hardware per i partner occidentali. Inutile dire che, se la decisione dovessere essere confermata, per numerose aziende si prospetterebbero impatti anche molto rilevanti sui bilanci.
Un discorso altrettanto importante riguarda il coinvolgimento delle case produttrici cinesi, basti pensare ad un colosso come la Lenovo, che fino ad ora hanno installato sui propri computer software prodotti in particolre negli USA ottimizzandoli per questi ultimi. Passare ad esempio a Linux potrebbe costringere tali aziende ad un impegnativo lavoro di reingegnerizzazione.
A contribuire a divisioni un tempo difficilmente ipotizzabili sarebbe anche il perdurare del conflitto in Ucraina, le distanze politiche ed ideologiche tra Asia e Occidente si starebbero facendo infatti sempre più marcate e, con tutta probabilità, nel corso dei prossimi anni l’economica mondiale sarà costretta ad affrontare un percorso di decoupling tencologico forzato.