Intervenuto nel corso di un’audizione presso la Commissione parlamentare per la semplificazione, il sottosegretario Alessio Butti ha delineato quello che sarà il futuro dello SPID (Sistema Pubblico di identità Digitale) come strumento di autenticazione presso i servizi della Pubblica Amministrazione. Stando alle sue parole, l’intenzione del Governo è quella di abbandonare gradualmente (e scopriremo quanto) quest’ultimo in favore della Carta d’Identità Digitale.
Perché lo SPID verrà spento
Prima di proseguire è utile ricordare che ad oggi i cittadini italiani che possiedono un proprio account SPID sono circa 33 milioni. Esso viene fornito attraverso dei provider, si pensi per esempio ad Aruba o a Poste Italiane, che può scegliere se fornire il servizio gratuitamente (eventualità ormai sempre più rara) o meno.
Proprio a questo proposito Butti ha sottolineato che a suo parere, e a parere dell’esecutivo, l’identità unica dovrebbe essere rilasciata dallo Stato e non da dei privati. Cosa che accade con il già citato esempio della Carta d’Identità Digitale. L’obbiettivo è quindi quello di uno spegnimento progressivo dello SPID. Strumento che nel corso degli ultimi mesi si sarebbe dimostrato persino vulnerabile.
La Carta di Identità Elettronica è più sicura
Queste le intenzioni del Governo. Rimane però da capire quali saranno le tempistiche per un abbandono totale dello SPID. Si parla infatti di un arco di tempo tra i due e i tre anni. Ad oggi esso è di gran lunga il sistema più utilizzato dai cittadini per il riconoscimento sulle piattaforme della PA. Una migrazione di massa verso un altro strumento potrebbe quindi rivelarsi difficoltosa.
Riferendosi a tali aspetti, Butti ha sottolineato che la collaborazione con i provider sarà comunque indispensabile. Questi ultimi dovrebbero ricevere tra l’altro i 40 milioni di euro di finanziamenti messi a disposizione con un decreto del 2023 che non sarebbero stati ancora distribuiti.
La scelta della Carta di Identità Elettronica in alternativa allo SPID è dovuta anche al fatto che la prima è ritenuta più sicura. Garantisce infatti il cosiddetto “livello 3“. Quello richiesto per i processi eIDAS (Electronic Identification, Authentication and Trust Services) in seno alla UE.