Digitare una parola chiave su Google e scegliere tra i link proposti era, fino a pochi anni fa, il cuore della ricerca online. Oggi quel modello è sempre meno centrale. I motori di ricerca stanno diventando piattaforme conversazionali, dove le risposte — generate da sistemi come Gemini, ChatGPT o Perplexity — appaiono direttamente nella parte alta della pagina. Gli utenti ottengono così l’informazione desiderata senza cliccare su un link, e i contenuti digitali smettono di essere “scritti per Google” per diventare materia di addestramento e di risposta per l’AI.
Questa trasformazione ha ridefinito il modo in cui gli utenti interagiscono con i risultati di ricerca e, di conseguenza, le strategie di visibilità dei brand.
AI Overview e declino del traffico organico
Anche la Search Engine Results Page (SERP) è radicalmente cambiata. Non si tratta più di una semplice lista di link, ma di un mosaico di risposte generative, video, snippet e sintesi AI.
Le AI Overview di Google e le piattaforme analoghe hanno già ridotto in modo significativo il tasso di clic sui risultati organici: studi recenti indicano un calo medio del traffico compreso tra il 7% e il 10% per le query di tipo informativo. Sempre più ricerche si concludono senza clic, con gli utenti che considerano la risposta sintetica dell’AI come punto di arrivo.
Per i marketer, questo implica la necessità di non limitarsi a scalare le classifiche di Google, ma di entrare negli spazi in cui l’intelligenza artificiale seleziona i contenuti da mostrare.
In questo nuovo ecosistema, la quantità di contenuti non basta più: a determinare la visibilità online di un brand è (e sarà sempre di più) la qualità, basata su esperienza, autorevolezza e affidabilità, criteri sintetizzati nel framework EEAT introdotto da Google e già da diversi anni tra i principali fattori di ranking.
Verso una nuova disciplina: la “SEO for AI”
Il vero punto di svolta è concettuale: non si tratta più solo di usare l’intelligenza artificiale per fare SEO in modo più efficiente, ma di imparare a fare SEO per l’AI. In altri termini, creare contenuti leggibili, interpretabili e considerati “di qualità” dai modelli generativi.
Questo approccio, definito “SEO for AI”, ribalta la prospettiva tradizionale, ipotizzando un futuro in cui i motori di ricerca classici cedano progressivamente spazio agli assistenti intelligenti. L’obiettivo non sarà soltanto apparire nei risultati, ma essere riconosciuti come fonti attendibili dalle macchine che mediano l’accesso all’informazione.
La link building rimane centrale
Nonostante la rivoluzione tecnologica, la link building conserva un ruolo determinante. Una ricerca di Search Engine Land mostra che il 73,2% dei professionisti SEO considera i link ancora un fattore di ranking significativo anche nelle risposte generate da AI.
Fonti come SE Ranking e Ahrefs confermano che i backlink provenienti da siti autorevoli continuano a rappresentare un segnale forte di fiducia e rilevanza tematica, mentre i link di bassa qualità o manipolativi possono risultare dannosi. Costruire relazioni autentiche e un profilo backlink pulito resta quindi una priorità strategica anche nell’era della “SEO for AI”.
Prospettive per il 2025: nuove metriche e sfide etiche
Entro la fine del 2025 è attesa l’introduzione di strumenti in grado di monitorare la presenza di un brand all’interno delle risposte generate da AI. Parallelamente, emergeranno dibattiti più strutturati tra editori e aziende tecnologiche sul tema del copyright e delle compensazioni per i contenuti utilizzati nell’addestramento dei modelli.
Il parametro del successo non sarà più soltanto il numero di clic, ma la capacità di essere riconosciuti come fonti affidabili dagli algoritmi. La sfida, in ultima analisi, sarà quella di conquistare un posto di fiducia non solo nella mente delle persone, ma anche delle macchine.

