La vicenda che vede ByteDance, azienda cinese creatrice di TikTok, contrapposta al governo statunitense continua a riservare sorprese. La compagnia aveva ricevuto un primo ultimatum, stabilito per il 20 settembre 2020, entro il quale avrebbe dovuto cedere le sue attività in USA per non vedere il social network bannato da Play Store e App Store, tale scadenza era stata poi prorogata al 27 settembre.
Tale rinvio era stato motivato dall’interesse espresso da Oracle e WallMart, intenzionate ad acquisire quote di minoranza di ByteDance. Quest’ultima però non aveva accettato di dover operare una cessione così importante con lo spettro di un ban imminente e si era rivolta alla corte distrettuale di Washington perché invalidasse le decisioni delle autorità americane.
E così è avvenuto, chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato dal gruppo asiatico il giudice Carl Nichols ha scelto la via dell’ingiunzione preliminare per impedire la rimozione di TikTok dai market place di Android e iOS. Da parte sua l’U.S. Department of Commerce non ha potuto che agire di conseguenza e adattarsi alla decisione del tribunale.
Non sembrano esserci le condizioni per un accordo tra ByteDance ed il governo USA
Tutto ciò starebbe accadendo perché, secondo le intenzioni della Casa Bianca, il controllo di TikTok negli Stati Uniti dovrebbe passare interamente nelle mani di Oracle e WallMart, queste ultime però dovrebbero entrare nella proprietà di ByteDance per una quota non superiore al 20%. ByteDance verrebbe quindi estromessa dalla gestione della piattaforma nonostante una quota di maggioranza dell’80%.
Vi è puoi un’altra questione particolarmente delicata di cui tenere conto: controllare TikTok significa anche controllare il suo algoritmo. Il governo di Pechino ha però emanato una legge che impedisce alle società cinesi di cedere a gruppi esteri tecnologie d’interesse nazionale senza una preventiva autorizzazione, divieto che potrebbe rendere l’operazione meno interessante per i potenziali acquirenti.