Secondo l’edizione 2018 della classifica mondiale sulla competitività del World Economic Forum, l’Italia si piazzerebbe attualmente al 22esimo posto per l’innovazione. Un risultato tutto sommato positivo che migliora ulteriormente considerando gli "istituti di ricerca di qualità" (nono posto) e i "distretti imprenditoriali d’eccellenza" (quarto posto).
Ma perché un Paese come il nostro, considerato fino ad ora marginale in termini di capacità innovativa, è oggi a poco distanza dalla vetta di una classifica che comprende ben 140 nazioni? Le motivazioni andrebbero ricercate nei nuovi criteri ora utilizzati per stilare quello che è stato ribattezzato "Global Competitiveness Index 4.0".
Grazie all’introduzione dei nuovi parametri l’Italia risulterebbe essere 17sima in Europa, questo anche grazie alle iniziative dedicate allo sviluppo dell’Industria 4.0, ad un Prodotto Interno Lordo che è il più alto dal 2008 (+1.5%) e ad un quadro macroeconomico che, proprio per il fatto di attraversare una fase di recupero, presenterebbe ampi margini di crescita.
Il report non offre però soltantanto buone notizie, il nostro sarebbe infatti uno dei paesi che fatica maggiormente a reperire le competenze necessarie per alimentare la spinta innovativa, anche a causa di una formazione arretrata. Tale dato si rifletterebbe negativamente sulla capacità di generare "dinamismo d’impresa" per il quale saremmo soltanto in 40esima posizione.
Il WEF fornisce quindi dei consigli per incrementare la capacità innovativa della Penisola che nel prossimo futuro dovrà dotarsi di una Pubblica Amministrazione più informatizzata, di un sistema finanziario meno vulnerabile e di una forza lavoro dotata delle skill necessarie per affrontare le sfide dei cambiamenti tecnologici in atto.