La Casa di Cupertino ha creato la carta di credito Apple Card in collaborazione con la banca d’affari Goldman Sachs per disporre di un strumento finanziario da proporre ai propri clienti. L’iniziativa non stupisce se si considera quanto l’azienda sia interessata ad espandere il proprio business nel settore dei servizi, ma non sarebbe esente da difetti.
Questi ultimi riguarderebbero le modalità con cui vengono gestiti i limiti di spesa, aspetto imputabile più alla banca di New York che alla Mela Morsicata, che sarebbero più favorevoli agli uomini che alle donne. Tale problematica sarebbe stata individuata dall’informatico danese David Heinemeier Hansson che avrebbe scoperto di vantare un tetto ben superiore a quello della consorte.
Dato che le accuse di discriminazione di genere sono oggi molto pesanti per la reputazione di un’azienda, i portavoce di Goldman Sachs hanno deciso di schierarsi subito sulla difensiva e di chiarire in che modo funziona l’algoritmo associato alle Apple Card. Sostanzialmente esso non farebbe altro che ritagliare i limiti di spesa sulla base dei singoli utenti.
L’appartenenza di genere non avrebbe quindi alcun ruolo, né la banca avrebbe mai impiegato tale parametro per definire le proprie strategie commerciali. I criteri utilizzati sarebbero invece ben altri tra cui naturalmente le entrate e la situazione finanziaria corrente, tenendo conto anche di fattori come per esempio i debiti accumulati nel tempo.
Il DFS (Department of Financial Services) di New York avrebbe deciso di avviare comunque un’inchiesta per far luce sulla questione, anche in considerazione del fatto che Hansson e la moglie avrebbero dichiarato di presentare una dichiarazione congiunta dei crediti. Da parte di Goldman Sachs (almeno teoricamente) non vi sarebbe quindi alcuna possibilità di applicare criteri oggettivi per distinguerne i comportamenti.