L’adozione dell’AI starebbe iniziando a lasciare il segno sul mercato del lavoro, in particolare per i più giovani. Un nuovo studio del Stanford Digital Economy Lab mostra come i lavoratori tra i 22 e i 25 anni impiegati in professioni più esposte all’AI, come gli sviluppatori software, avrebbero subito un calo relativo dell’occupazione del 13% rispetto ad altri settori.
Il dato contrasterebbe con la stabilità, e in alcuni casi la crescita, dell’occupazione per lavoratori più esperti nelle stesse professioni o per categorie meno esposte all’automazione.
L’AI ha generato un “reset delle assunzioni”
I risultati confermerebbero altre analisi recenti. A febbraio 2025 la Federal Reserve Bank of New York avrebbe rilevato che il tasso di disoccupazione tra i neolaureati era del 5,8% contro il 4% medio nazionale. Tra i laureati in informatica la percentuale saliva al 6,1% e per quelli in ingegneria informatica arrivava al 7,5%.
Un rapporto di SignaFire di maggio avrebbe segnalato inoltre che le assunzioni di neolaureati si sarebbero dimezzate rispetto ai livelli pre-pandemia, parlando di un “reset delle assunzioni” in cui le aziende preferiscono lavoratori più esperti e riducono le posizioni entry-level.
A differenza del passato, oggi persino studenti con curriculum eccellenti faticherebbero a ricevere delle offerte di lavoro e si tratterebbe di una situazione (probabilmente) irreversibile. Le professioni più esposte includerebbero programmatori, contabili, customer service, segretari e assistenti amministrativi.
Gli autori sottolineano che l’impatto dell’AI si starebbe concentrando soprattutto sull’occupazione e non ancora sui salari. Le opportunità per i giovani sembrerebbero essere in calo ma le retribuzioni rimarrebbero stabili. L’AI che “automatizza” sostituirebbe posti di lavoro mentre quella che aumenta la produttività starebbe creando nuove opportunità.
Tempi duri per i giovani laureati
Gli autori ammettono che altre ricerche hanno prodotto risultati differenti, come quelle condotte in Danimarca o da altri economisti statunitensi. Sostengono però che i dati elaborati, più granulari e aggiornati, offrirebbero un quadro maggiormente realistico.
L’AI, quindi, non starebbe abbassando i salari, ma chiudendo le porte d’ingresso al mondo del lavoro per i giovani laureati, in particolare in ambito tecnologico.

