RapidShare, una delle piattaforme per il cyber locking e la condivione di risorse tra utenti più conosciute della Rete, dovrebbe chiudere definitivamente i battenti entro il prossimo 31 marzo; una decisione almeno apparentemente improvvisa che, tra l’altro, non sarebbe stata motivata in alcun modo dai titolari del servizio che ha sede in Svizzera.
Lanciato nel tecnologicamente lontano 2002, RapidShare ha rappresentato una storia di successo molto meno coinvolta di altri progetti simili (si pensi per esempio a MegaUpload) in grane legali; nonostante ciò, entro la scadenza prevista tutti gli account attivati e tutti i file ancora presenti sui server del gruppo dovrebbero essere cancellati.
Negli ultimi RapidShare aveva visto aumentare la propria utenza, anche grazie alla chiusura (o per meglio dire l’oscuramento) di piattaforme come la già citata creatura di Kim Dotcom; ma nel tempo i suoi vertici di sarebbero dimostrati sempre più preoccupati dell’eventualità di doversi difendere in processi per la violazione dei diritti di autore.
A tali timori si era cercato di rispondere inasprendo le misure per il contrasto alla pirateria e cercando di convertire RapidShare in un servizio per il Cloud Computing, la sincronizzazione multidispositivo e lo storage remoto; per il momento non sarebbe dato sapere quanto tali iniziative abbiano incontrato il favore degli utilizzatori.
Ora, dai titolari della compagnia arriva il consiglio di mettere in sicurezza i propri dati prima che questi vengano rimossi diventando di fatto irrecuperabili; evidentemente RapidShare non è riuscito a reggere la concorrenza con altri operatori della "nuvola" come per esempio Dropbox, la Casa di Redmond, Mountain View e Amazon.