Secondo uno studio di HP intitolato "Wolf Security Rebellions and Rejections" ben il 64% dei giovani dipendenti aziendali considererebbe gli oneri legati alla Cybersecurity una vera e propria perdita di tempo. Tale opinione si sarebbe diffusa in un momento in cui il 94% dei responsabili IT ammetterebbe di aver rinunciato ad alcune misure di sicurezza per privilegiare la produttività.
Tale rilevazione è stata effettuata a livello mondiale coinvolgendo sia le collaborazioni "in presenza" che quelle in smart working e osservando come il 48% della forza lavoro di età compresa tra i 18 e i 24 anni sia portata a considerare la Cybersecurity un’ostacolo per la continuità del business, nel 31% dei casi si tenderebbe inoltre ad aggirare le policy di sicurezza per concludere più rapidamente i propri incarichi.
In qualche modo non stupisce che oltre la metà dei giovani impiegati, il 54%, sia molto più preoccupata di rispettare le deadline che di mettere in atto pratiche potenzialmente dannose per la sicurezza dei dati gestiti, ciò accadrebbe anche perché per il 37% del campione le specifiche relative alla Cybersecurity sarebbero eccessivamente restrittive.
I procedimenti per rispettare i livelli cybersecurity necessari sarebbero considerati dai lavoratori troppo onerosi
Secondo gli analisti di HP, questi comportamenti sarebbero imputabili a metodologie che tenderebbero ad adattare i workflow alle esigenze di sicurezza e non il contrario, verrebbero così a crearsi delle procedure particolarmente macchinose che i lavoratori, pressati dalle scadenze, cercherebbero di aggirare ogni volta che lo ritengono possibile.
Per l’80% dei dipendenti occupati in smart working le policy di sicurezza adottate dalla propria azienda sarebbero divenute così severe che rispettarle si rivelerebbe un compito ingrato. Ben l’83% di coloro che lavorano o hanno lavorato al di fuori degli uffici avrebbe esposto la propria azienda a gravi rischi di sicurezza in almeno un caso.