Memorizzare i propri dati in una memoria SSD garantisce performance nettamente superiori rispetto a quanto non si potrebbe ottenere con un HDD. Ma quali sono i vantaggi dal punto di vista dell’affidabilità? Secondo uno studio condotto dai ricercatori di Backblaze quest’ultima rappresenterebbe il vero punto debole delle unità di storage più recenti.
Nello specifico lo studio affermerebbe che gli hard disk prodotti prima del 2015 sarebbero più affidabili e meno esposti a guasti o malfunzionamenti rispetto a quelli realizzati successivamente. Per giungere a tale conclusione sarebbero stati testati oltre 2 mila dispositivi di vari brand (Hitachi, Western Digital, Seagate ..) in grado di memorizzare tra i 40GB e i 10TB di dati.
La ricerca è stata effettuata tenendo conto di un periodo di accensione di più di 25 mila ore, poco meno di 3 anni, rilevando alla fine di questo periodo una media pari a circa 1.500 settori danneggiati. Generalmente a 1TB corrispondono circa 2 miliardi di settori, quelli che hanno riportato danni non sarebbero quindi molti ma rappresenterebbero l’inizio di un problema che potrebbe peggiorare con il tempo.
Stando alle conclusioni riportate, il minor numero di settori danneggiati sarebbe stato registrato su cinque dischi prodotti nel 2015, questo nonostante l’utilizzo di tecnologie pià datate. Ciò avrebbe portato i ricercatori a pensare che alla base del maggior numero di danneggiamenti vi sia il sistema utilizzato in fase di scrittura: SMR (Shingled Magnetic Recording).
Lanciato commercialmente nel 2013, quest’ultimo permette di realizzare dischi più capienti superando i 20 TB di storage. Nel contempo però SMR sottoporrebbe i device ad un maggiore livello di stress, soprattutto nell’uso delle puntine e degli attuatori, rendendo i dischi che lo utilizzano meno affidabili rispetto a quelli basati sulla tecnologia CMR (Conventional Magnetic Recording) che risale al 2003.