Nei giorni scorsi hanno cominciato a circolare insistentemente voci riguardanti il cosiddetto progetto "Dragonfly", una versione del motore di ricerca di Google rivista e corretta (in sostanza "censurata") per l’uso all’interno del mercato cinese. Fino ad ora tale iniziativa non era mai stata confermata da Big G, ma una recente dichiarazione del CEO Sundar Pichai sembrerebbe fornire prove evidenti a riguardo.
Intervenendo nel corso del Wired 25 Summit tenutosi a San Francisco, il dirigente avrebbe chiarito che, nonostante l’esigenza di rispettare le imposizioni del regime di Pechino, Dragonfly sarà comunque in grado di soddisfare il 99% delle ricerche effettuate dagli utilizzatori del paese asiatico. Questo stando ai test effettuati internamente.
Pichai avrebbe poi sottolineato che quello cinese è un mercato troppo importante perché Mountain View ne possa rimanere fuori, l’azienda dovrà quindi adottare una visione di lungo periodo. Tale strategia potrebbe tradursi nello scegliere inizialmente la via del compromesso, consolidare la propria posizione e attendere eventuali cambiamenti politici in grado di modificare gli attuali assetti.
In passato Google aveva già tentato di estendere il proprio business in Cina, ma la localizzazione del suo motore di ricerca per questo Paese era stata abbandonata nel 2010 data l’impossibilità di operare liberamente. Rimanere lontani da una realtà oggi molto diversa dal punto di vista economico, e con quasi 800 milioni di potenziali utenti, potrebbe rivelarsi controproducente proprio nel lungo periodo.
Big G non è l’unica Big Company High Tech che ha dovuto confrontarsi con le istanze censorie dele regime di Pechino, attulmente infatti altre importanti piattaforme come Facebook, Twitter e YouTube (che a sua volta fa capo a Mountain View) possono essere raggiunte soltanto tramite VPN il cui utilizzo in Cina è però vietato.