Così come la Francia, anche l’Italia sarebbe pronta ad introdurre una propria versione della Web Tax in attesa di decisioni in merito da parte dell’Unione Europea. Come già sottolineato più volte, si parla di una forma di tassazione che dovrebbe colpire le grandi aziende dell’High Tech operanti nella Penisola (o in uno degli stati membri della UE nel suo senso più esteso) pur avendo sede in regioni dove godono di una fiscalità di vantaggio.
Dei rimandi alla Web Tax sarebbero stati infatti individuati all’interno del testo della più recente manovra finanziaria. Se applicata essa dovrebbe coinvolgere diverse grandi aziende tra cui Google, Facebook, Apple e Microsoft. Netflix, Spotify e Amazon (per via di Amazon Prime) dovrebbero poi entrare in lista dati i loro business basati sullo streaming di contenuti audio/video.
Se da parte loro i nostri cugini transalpini avrebbero già pevisto di incamerare introiti per almeno 500 milioni di euro grazie alla loro "formulazione casalinga" della Web Tax, nel caso nostrano non sarebbero ancora disponibili delle cifre. Sembrerebbe però che l’imposta del 3% sul fatturato inizialmente ipotizzata sia destinata a raddoppiare.
Per quanto riguarda le posizioni all’interno di Parlamento e Governo, la maggioranza sarebbe attualmente divisa sull’argomento: i leghisti si sarebbero dichiarati favorevoli, mentre i pentastellati preferirebbero evitare l’introduzione nella Legge di Bilancio perché preoccupati della possibilità che una Web Tax possa portare distorsioni nel mercato.
A tal proposito vale la pena di citare la reazione di Francesco Boccia, esponente del PD da sempre promotore della Web Tax. A suo parere infatti quanto previsto in manovra dovrebbe essere finalmente applicato per dimostrare una volta per tutte che qualsiasi azienda è uguale davanti al fisco, indipendentemente dalle dimensioni.