Finalmente si torna a parlare di Equo Compenso, l’odiosa norma che prevede di sollevare il prezzo di alcuni supporti per la memorizzazione sulla base del fatto che questi "potrebbero" essere utilizzati per la creazione di "copie personali" di contenuti e software protetti da copyright.
A rivedere l’ambito di applicabilità dell’Equo Compenso è stata la Corte di Giustizia Europea tramite una sentenza; i giudici hanno infatti espresso delle riserve relativamente alla possibilità di applicare la norma ad alcune figure professionali per le quali non sarebbe valido il concetto di "copia privata".
Se un professionista masterizza un CD Rom o un DVD oppure salva dei dati in un Flash Drive USB per condurre la propria attività (o per creare copie di backup), può essere applicato il concetto di "copia privata"? Evidentemente no, Quindi perché chi lavora dovrebbe pagare questa "tassa"?
L’Equo Compenso nasce da presupposti evidentemente discutibili, aumentare il prezzo dei supporti per contrastare le perdite degli editori dovute alla pirateria, un costo che però colpisce indiscriminatamente gli utenti, siano questi "pirati" o onesti utilizzatori.