Come è noto gli andamenti dei mercati azionari tendono ad essere fortemente influenzati dalla circolazione delle notizie economiche su Internet, ma come dimostrarebbe un recente caso che avrebbe riguardato Twitter, le reazioni degli operatori di Borsa prescinderebbero non di rado dalla verifica delle fonti, dando vita a comportamenti irrazionali.
Nel caso specifico parliamo di un articolo pubblicato sul sito Web ospitato dal dominio "bloomberg.market", che nulla avrebbe a che vedere con la nota testata giornalistica statunitense; in tale post sarebbe stata data per certa la vendita del gruppo che fa capo al colosso del microblogging per la ragguardevole cifra di 31 miliardi di dollari.
La notizia era falsa, ma gli investitori non se ne sarebbero accorti e i titoli azionari del Sito Cinguettante avrebbero cominciato ad acquisire ulteriore quotazione fino ad un guadagno pari a circa l’8%; una volta certificata l’inaffidabilità della fonte la situazione sarebbe tornata alla normalità con non poco dispiacere da parte degli ultimi acquirenti.
Per alcune ore nessuno si sarebbe quindi preoccupato di effettuare alcuna verifica, nessuno avrebbe notato che il domino in questione era ospitato da un server panamense ed era stato registrato da utenti anonimi, nessuno avrebbe sollevato alcuna eccezione al fatto che nell’articolo Dick Costolo, dimessosi qualche settimana fa, veniva indicato come CEO del gruppo.
In realtà, i rincari delle azioni di Twitter sarebbero potuti essere ancora più elevati se non fossero intervenuti i rappresentati di Bloomberg (quello vero) e quelli del social network per la diffusione di una smentita; a cosa serve spendere miliardi in sistemi per la sicurezza delle transazioni se poi basta una "bufala" per sottrarre milioni di dollari agli investitori?