La Corte di giustizia europea avrebbe respinto il ricorso di Alphabet (conglomerato finanziario di cui fa parte Google) contro una sentenza della Commissione Europea risalente al 2017 che condannava l’azienda al pagamento di una sanzione pari a 2.42 miliardi di euro per abuso di posizione dominante nel settore della comparazione dei prezzi.
La diatriba legale tra i commissari dell’Unione Europea e il gruppo californiano avrebbe riguardato in particolare la piattaforma Google Shopping, un servizio fornito da Big G agli utenti con l’intenzione di mettere loro a disposizione un sistema che permettesse di identificare i negozi online dove i prodotti vengono venduti ai prezzi più convenienti.
Big G avrebbe dato maggior evidenza ai suoi risultati favorendo il Google Shopping a discapito di altri nomi
A parere dei primi l’algoritmo di classificazione utilizzato da Google per mostrare i risultati delle ricerche sarebbe stato affetto da un pregiudizio in grado di favorire il proprio comparatore e di danneggiare la libera concorrenza. Sostanzialmente risultati meno pertinenti sarebbero stati evidenziati a sfavore di quelli più rilevanti per le query formulate.
A parere della Corte di Giustizia nel corso degli ultimi anni gli sviluppatori di Mountain View avrebbero fatto in modo di migliorare il funzionamento dell’algoritmo, tali sforzi non sarebbero stati però sufficienti in quanto i comparatori di prezzi concorrenti si sarebbero trovati nella situazione di dover diventare giocoforza partner di Sundar Pichai e soci.
Sempre secondo quanto comunicato dai giudici, la disponibilità di più piattaforme di e-commerce sul mercato non renderebbe di per sé aperto un settore come quello della comparazione dei prezzi che è altamente specializzato, i negozi di commercio elettronico non rappresenterebbero quindi un’alternativa a Google Shopping tale da garantire la competitività del comparto.