Mountain View ha stabilito che le software house e gli sviluppatori le cui applicazioni sono presenti nel catalogo del Google Play Store dovranno pagare una commissione pari al 15% sulle entrate derivanti dagli abbonamenti del primo anno. In precedenza il contratto prevedeva che si dovesse riconoscere a Big G il 30% per il primo anno e solo successivamente il 15%.
Tale iniziativa potrebbe essere motivata in vari modi, a cominciare dal fatto che Sundar Pichai e soci sembrerebbero voler incentivare il modello di business basato sulle sottoscrizioni a sfavore de pagamenti una tantum, le ragioni di questa preferenza sono facilmente comprensibili considerando la possibilità di generare ricavi anche sul lungo periodo.
In secondo luogo devono essere prese in considerazione le istanze espresse più volte dai responsabili di alcune importanti piattaforme in abbonamento, basti pensare a Spotify. Il fatto di dover cedere circa un terzo dei proventi derivanti da un’applicazione ha forse rappresentato un disincentivo per il lancio di diversi progetti su Android.
Le nuove regole entreranno in vigore a partire da gennaio 2022, come spiegato nello scorse ore da Sameer Samat, Vice President Product Management di Mountain View, il gruppo californiano si sarebbe reso conto del danno subito dagli sviluppatori in tutti i casi in cui gli utilizzatori decidono di non rinnovare la propria sottoscrizione per un secondo anno.
Non si tratta della prima decisione di Google in favore delle realtà che operano grazie al Play Store, a tal proposito basterebbe ricordare che alcuni mesi fa sono state dimezzate le commissioni previste sul primo milione di dollari generato entro un periodo di 12 mesi. Ad oggi soltanto il 3% delle App presenti nel marketplace sarebbero a pagamento.