Fin dall’inizio dell’emergenza creata dalla pandemia di Coronavirus (Sars-Cov-2) Google ha dimostrato di essere una delle aziende più prudenti nell’affrontare l’attuale situazione di crisi. Mountain View ha annullato tutte le convention, ha mandato a casa tutti i lavoratori che potevano operare in smart working, ha deciso di rimandare le nuove assunzioni e ha rivisto la sua politica di investimenti in un’ottica di contenimento dei costi.
Questo approccio non cambierà durante la cosiddetta "Fase 2" (o qualsiasi sia il suo nome Oltreoceano), perché Sundar Pichai e soci avrebbero già programmato di tornare alla normale operatività soltanto quando quando sarà la scienza a stabilire che ciò diverrà possibile. Per questo motivo la modalità smart working continuerà ad essere adottata almeno fino al prossimo anno.
Stando a quanto dichiarato da Jacquelline Fuller, massima dirigente della divisione che fa capo a Google.org, le responsabilità di Big G dovrebbero andare ben oltre la sola soddisfazione degli investitori, per questo motivo tutta la compagnia e le sue decine di migliaia di dipendenti dovranno contribuire ad appiattire quanto più possibile la curva dei contagi.
Che non ci sarebbe stata alcuna corsa per il ritorno negli uffici era apparso chiaro già dalle parole pronunciate da Pichai alcune settimane fa, quando il CEO aveva previsto che il lavoro agile sarebbe diventato uno standard. Non è un caso che il gruppo abbia dato vita a un’inedita alleanza con Apple con lo scopo di trovare la soluzione più adatta per il contact tracing a contrasto della pandemia.
Per Google questa strategia rappresenta anche un’opportunità di rafforzamento della propria brand reputation, questo perché è probabile che nel medio termine i mercati finiranno per premiare le aziende che hanno saputo gestire meglio le proprie organizzazioni durante l’emergenza. Di parere totalmente contrario Elon Musk, dichiaratosi pronto ad abbandonare la California in caso di proseguimento del lockdown.