AMP (Accelerated Mobile Pages) è un protocollo sviluppato da Google per velocizzare il caricamento delle pagine Web, in particolare sui dispositivi mobili dove i tempi di latenza delle Web application sono palesemente più evidenti di quelli (praticamente assenti) delle applicazioni native. Lanciato nel corso del 2016, questo standard non ha mancato di suscitare perplessità.
Per il suo funzionamento AMP sfrutta infatti un meccanismo di caching che viene messo a disposizione dalla stessa infrastruttura di Big G. Detto in parole estremamente semplici, quando si visita una pagina AMP in realtà non si sta visualizzanto la risorsa desiderata, ma una sorta di copia memorizzata nei server di Mountain View
Un altro elemento in grado di scatenare polemiche è stato il fatto che fino ad ora Google ha gestito il progetto AMP internamente, questo nonostante avesse dichiarato fin da subito che l’implementazione del protocollo sarebbe stata aperta anche al contributo di terze parti. Le cose però potrebbe presto cambiare, almeno relativamente a questo aspetto.
L’intenzione sarebbe infatti quella di sfruttare un modello già utilizzato con buoni risultati per l’environment JavaScript NodeJS, verranno quindi creati dei Working Group a cui potranno aderire soggetti esterni a Mountain View, un Technical Steering Committee e un Advisory Committee con potere di indirizzo sullo sviluppo del progetto.
Tra i partecipanti all’iniziativa vi sarebbero alcuni nomi noti tra cui eBay, Automattic (che presiede all’implementazione del CMS WordPress) e CloudFare. Probabile il coinvolgimento di realtà come Twitter, Pinterest, Yahoo! e Bing (il motore di ricerca di Microsoft), tutti progetti che hanno sfruttato AMP per migliorare le performance delle proprie pagine Web.