"How Google Fights Piracy" è il titolo di un rapporto annuale che Mountain View rende disponibile pubblicamente per esporre le modalità con le quali il gruppo combatte la diffusione della pirateria in Rete. I dati forniti quest’anno evidenzierebbero complessivamente una diminuzione delle attività a danno dei contenuti protetti da Copyright.
Un dato incoraggiante per editori e creativi che avrebbero visto crescere i ricavi derivanti dai propri prodotti. Questo incremento sarebbe andato soprattutto a vantaggio dei titolari di servizi per lo streaming audio/video, quindi piattaforme come Netflix e Spotify, che avrebbero goduto anche di una diminuzione nell’uso di canali P2P per la condivisione illecita di contenuti.
Uno dei sistemi utilizzati da Big G per riconoscere quanto dovuto agli autori è quello di versare loro un corrispettivo tramite un meccanismo basato sul riconoscimento del cosiddetto Content ID. A questo proposito la sola YouTube cederebbe annualmente circa 3 miliardi di dollari ai titolari dei diritti per supportarne la monetizzazione.
A ciò si aggiungano 1.8 miliardi investiti per i contenuti audio, ma l’impegno più importante di Google sul fronte della lotta alla pirateria rimane quello che coinvolge il suo motore di ricerca: nel corso dell’ultimo anno gli URL rimossi dall’indice sarebbero stati circa 3 miliardi, anche grazie all’ampio ricorso a tecnologie per il Machine Learning.
Non tutto il merito di questo risultato andrebbe attribuito ai soli algoritmi, sarebbero infatti tantissimi gli URL cancellati in seguito a comunciazioni effettuate dagli utenti. A tal proposito l’azienda californiana avrebbe sottolineato che il dato ottenuto sarebbe potuto essere addirittura migliore se non vi fosse stato un elevato abuso degli strumenti di segnalazione.