Secondo quanto rivelato da George Hayward, ex dipendente di Meta impegnato nel social network Facebook, l’applicazione di quest’ultimo avrebbe uno ruolo importante nel consumo delle batterie degli smartphone. A conferma della sua tesi vi sarebbe un documento interno alla compagnia nel quale si farebbe riferimento alla pratica del negative testing.
In sostanza, grazie ad essa i responsabili di Facebook sarebbero in grado di modulare i consumi dovuti alla propria applicazione attraverso un controllo da remoto. Questo consentirebbe loro di incrementare i consumi nel caso dovessero essere sperimentate delle feature che richiedono una grande quantità di risorse al dispositivo ospitante.
Nel documento il negative testing verrebbe citato riguardo a casi d’uso specifici, come per esempio quelli relativi al caricamento delle immagini e alla velocità di esecuzione di alcune funzionalità di Facebook. Il problema è però che tali attività potrebbero essere effettuate in qualsiasi momento e senza che l’utente ne abbia alcuna evidenza se non quella di registrare un’autonomia più limitata.
Se tali accuse fossero confermate, e per il momento esse si basano soltanto sulle affermazioni di un collaboratore allontanato a suo tempo dal gruppo di Mark Zuckerberg, un utilizzatore potrebbe assistere allo scaricamento repentino del proprio device senza conoscerne la ragione e trovandosi improvvisamente impossibilitato ad utilizzarlo.
In passato Hayward sarebbe stato in causa con il suo ex datore di lavoro che, stando a quanto da lui dichiarato, lo avrebbe licenziato proprio perché contrario al negative testing. Da parte loro invece, i portavoce del gruppo californiano non avrebbero diffuso né conferme né smentite riguardo alla possibilità che tale pratica venga effettivamente utilizzata.