Iab Italia e YouGov hanno condotto un sondaggio con lo scopo di scoprire quale sia il livello di percezione degli Italiani riguardo all’impatto ambientale degli strumenti e dei servizi digitali. Ad oggi infatti l’ecologia sarebbe la terza maggiore preoccupazione dei nostri connazionali dopo le problematiche connesse alla salute e all’occupazione.
Al desiderio di vivere in un contesto più green non sembrerebbero però corrispondere comportamenti consapevoli dal punto di vista ambientale, un dato per tutti: il 53% del campione composto da circa un migliaio di individui dichiarerebbe di cambiare il proprio smartphone o il proprio tablet con uno nuovo anche se quello in uso non presenta alcun malfunzionamento.
Attualmente la digitalizzazione delle nostre abitudini quotidiane sarebbe alla base del 4% delle emissioni di CO2 a livello globale, valore che potrebbe salire fino ad 8 punti entro i prossimi 30 anni.
Carbon footprint e Carbon Thumbprint per misurare quanto inquiniamo
Solo una minima parte degli intervistati avrebbe familiarità con concetti come il carbon footprint e il carbon thumbprint.
Con il primo (conosciuto dal 45% del campione) si indica una variabile con cui stimare le emissioni di gas serra dovute ad un prodotto, un servizio, un evento, un’organizzazione o una persona. Con la definizione carbon thumbprint (30%) s’intende invece la misura che permette di valutare il livello di emissioni prodotte dall’utilizzo di strumenti digitali.
Per proporre un esempio di carbon thumbprint è possibile citare uno studio condotto nel Regno Unito secondo cui evitare almeno un invio di email a settimana (per esempio quelle che contengono un semplice "OK") porterebbe ad un risparmio in termini di emissioni pari a circa 140 tonnellate di CO2 per un totale di oltre 7 mila tonnellate l’anno.