Un recente studio sulla AI condotto dall’Università di Pittsburgh ha evidenziato come molte persone non riescano ormai a distinguere le poesie scritte da esseri umani da quelle generate da intelligenza artificiale. La ricerca ha coinvolto quasi 700 lettori senza una formazione specifica in poesia che hanno analizzato versi composti da autori classici, come Shakespeare e Sylvia Plath, e opere prodotte tramite ChatGPT 3.5 di OpenAI.
ChatGPT scrive meglio degli esseri umani?
Stando ai risultati resi pubblici, i partecipanti non solo non hanno identificato correttamente le poesie scritte dall’AI ma in alcuni casi le hanno preferite a quelle degli autori umani. Cinque delle poesie più apprezzate erano state generate dal chatbot. Quelle meno gradite appartenevano invece a poeti molto celebri. Secondo i ricercatori questo dato suggerisce che la poesia creata artificialmente, anche se non basata sull’esperienza umana, potrebbe risultare altrettanto coinvolgente per il lettore medio.
Un aspetto interessante dello studio riguarda l’impatto della consapevolezza sull’autore delle poesie. Quando ai partecipanti veniva comunicato che il testo era stato prodotto da ChatGPT il loro giudizio diventava più critico. Ciò confermerebbe come la percezione dell’intelligenza artificiale come creatrice di contenuti possa influenzare negativamente il valore attribuito alla sua opera.
La ricerca pone quindi degli interrogativi sul rapporto tra creatività e tecnologia. L’abilità dell’IA di imitare in modo convincente la poesia umana mette in discussione l’unicità dell’espressione artistica. Qualità un tempo considerata una nostra esclusiva.
Esperti e critici tenderebbero però a preferire ancora le opere di origine umana. Valorizzandone soprattutto la complessità emotiva e l’esperienza soggettiva che (si presume) manchino nei lavori generati artificialmente.
Che fine faranno i poeti?
Il dibattito che deriva da questo tipo di studi si estende anche al futuro della produzione artistica e alle implicazioni etiche legate all’uso dei modelli linguistici. L’uso sempre più pervasivo di AI come ChatGPT in ambiti creativi potrebbe rendere sempre più necessarie normative che chiariscano la paternità di un’opera e proteggano i diritti degli artisti.
Come affermato dai ricercatori, i dati forniti sono anche un invito a riflettere sul significato di arte e autenticità. La poesia generata dall’IA potrebbe non essere indistinguibile solo nei contenuti ma anche nel modo in cui ci porterà a riconsiderare la natura della creatività stessa.