Il CEO di OpenAI, Sam Altman, ha dichiarato nelle scorse ore che l’azienda statunitense non avrebbe intenzione di intraprendere azioni legali contro la startup cinese DeepSeek. Una realtà che ha recentemente attirato l’attenzione della Silicon Valley per via del suo chatbot AI animato dal modello R1 e sviluppato a costi molto più ridotti rispetto a quelli necessari per gli LLM “occidentali”.
OpenAI non porterà DeepSeek in tribunale
La settimana scorsa OpenAI aveva avvertito che diverse aziende cinesi stavano cercando di replicare i suoi modelli avanzati di intelligenza artificiale. Altman ha però chiarito la posizione della compagnia dichiarando di non voler di citare in giudizio DeepSeek (almeno per il momento). La sua società continuerà invece a sviluppare i propri prodotti e a guidare il settore con modelli sempre più performanti. Ciò sarà sufficiente per contrastare la concorrenza.
Altman, che ha definito il modello di DeepSeek (di recente bloccato in Italia) come un progetto “impressionante”, ha sottolineato inoltre che OpenAI intende continuare a mantenere la leadership nel settore. L’obbiettivo è quindi quello guidare il comparto di riferimento attraverso l’innovazione e non tramite estenuanti battaglie legali.
Il dibattito sulla distillazione e la proprietà intellettuale
L’improvvisa ascesa di DeepSeek ha creato alcuni sospetti sul possibile utilizzo di tecniche di reverse engineering basate sulla distillazione, un processo in cui modelli più piccoli apprendono dai modelli più avanzati copiandone il comportamento e i processi decisionali.
OpenAI ha espresso preoccupazioni riguardo a questa pratica ma si troverebbe essa stessa sotto accusa per violazioni della proprietà intellettuale, in particolare per l’utilizzo di contenuti protetti da copyright nell’addestramento dei suoi modelli linguistici generativi.