Dopo i disordini che hanno portato alla morte di un diplomatico americano a Bengasi e agli attacchi alle ambasciate USA in Egitto e altri paesi del Medio-Oriente, le autorità Afghane avrebbero deciso di bloccare l’accesso allo streaming su YouTube per tutto il territorio nazionale.
Tale iniziativa potrebbe essere interpretata in due modi: come l’ennesimo esempio di censura governativa ai danni della Rete o, come un provvedimento preso per cautelarsi dal contagioso odio anti-americano che sta diffondendosi nei paesi di lingua araba.
Il fatto è che attualmente circolerebbe su YouTube un video trailer accusato di offendere la religione islamica, tale video sarebbe alla base delle proteste che hanno portato alla morte dell’ambasciatore USA in Libia; in Afghanistan, che rimane una vera e propria "polveriera", la visualizzazione del filmato potrebbe sfociare in ulteriori episodi di violenza.
Il governo afghano non consentirà di poter accedere nuovamente a YouTube prima della conferma dell’eliminazione definitiva del filmato dalla piattaforma di Google; il trailer al centro della diatriba internazionale sarebbe ancora visibile dall’Italia con un’avvertenza riguardante l’inappropriatezza dei contenuti.