Aziende del calibro di Coca-Cola, Starbucks, Unilever, Verizon, The North Face e Patagonia avrebbero deciso di aderire all’iniziativa denominata "Stop Hate for Profit" portata avanti da alcune associazioni per i diritti civili tra cui Anti-Defamation League e la National Association for the Advancement of Colored People, impegnate nella lotta all’hate speech in Rete.
I promotori di tale campagna avrebbero proposto di boicottare tutti i media digitali che per logiche di profitto non starebbero facendo abbastanza contro i contenuti che promuovono l’odio, la discriminazione razziale e la violenza contro alcune categorie di persone e minoranze. Chiaramente tra i principali target dell’iniziativa vi sarebbero social network come Facebook e Twitter.
Il boicottaggio consisterebbe in sostanza nel bloccare qualsiasi investimento pubblicitario fino al momento in cui i dirigenti delle piattaforme ora sotto accuse non prenderanno i necessari provvedimenti, qualunque essi siano, per evitare che i propri servizi continuino ad attirare le condivisioni di chi promuove tematiche controverse.
Fortemente collegato al movimento di protesta "Black Lives Matter" che ancora infiamma le piazze degli Stati Uniti e non solo, Stop Hate for Profit avrebbe già avuto i suoi primi effetti, tanto che nel giro di poche ore i titoli azionari di Menlo Park avrebbero perduto in Borsa circa l’8% del loro valore e quelli di Twitter poco più del 7%.
Tra le decisioni delle aziende coinvolte è possibile citare quelle di Patagonia, che avrebbe imposto uno stop all’advertising almeno fino al mese prossimo, di Coca-Cola, con 30 giorni di blocco a iniziare da luglio, e di Unilever (che gestisce da sola circa 400 marchi) intenzionata a cancellare le proprie campagne su Facebook, Instagram e Twitter fino a fine anno.