Una recente rilevazione condatta negli Stati Uniti dalla Project Information Literacy evidenzierebbe come oggi gli appartenenti alle fasce d’età più giovani coltiverebbero in buona parte un approccio multimodale nei confronti dell’informazione, sfruttando diversi canali tra rapporti personali, social media e (sempre più raramente) media tradizionali.
Da questo punto di vista è interessante osservare come per il 93% degli intervistati la maggior parte delle informazioni verrebbero acquisite su base settimale in seguito a colloqui con i colleghi (faccia a faccia o online), mentre la percentuale a favore dei social media sarebbe di poco inferiore, arrivando a sfiorare i 90 punti. Ben diverso il dato su base giornaliera che verrebbe in pratica rivoltato: 48% contro il 72%.
Limitando la lettura ai soli risultati riguardanti i social media si scopre che Facebook continuerebbe a detenere una posizione dominante, seguita da Snapchat e dallo streaming di YouTube. Sarebbe invece meno rilevante Instagram, soltanto al quarto posto, ma comunque più utilizzato rispetto ad alternative quali Twitter, LinkedIn e Reddit.
I giovani sarebbero ben coscienti dell’esistenza di un fenomeno deleterio come quello delle Fake News, ammetterebbero però di condividere soprattutto contenuti che li coinvolgono emotivamente. Questo perché le fonti di informazione sarebbero sì tante, ma mancherebbero quasi del tutto strumenti con i quali distinguere ciò che è veritiero da ciò che non lo è.
In un contesto del genere la condivisione delle notizie sarebbe motivata più in quanto occasione di relazione che da una reale esigenza di informare, per questo motivo i giornalisti verrebbero percepiti ancora come produttori di contenuti autorevoli nonostante la consultazione dei newspapers (anche online) sia nettamente inferiore a quella dei social network.