Le vulnerabilità Meltdown e Spectre riguardano gran parte dei processori prodotti nel corso degli ultimi 20 anni e per correggerle sarà necessario riprogettare le architetture di queste componenti; per il momento solo la distribuzione di apposite patch può rimediare parzialmente al problema, ma non senza pagare un costo in termini di prestazioni.
Ne sarebbe convinta la Casa di Redmond, secondo i cui esperti gli aggiornamenti per Meltdown e Spectre non potranno che rallentare i Pc; gli effetti potrebbero variare a seconda della CPU in uso o del sistema operativo di riferimento, ma per Microsoft la Intel sbaglierebbe a parlare di conseguenze marginali per le perfermance.
Stando a quanto riportato da Terry Myerson, uno dei responsabili della divisione che si occupa dell’implementazione di Windows, i computer meno penalizzati saranno quelli che integrano processori della gamma Skylake e quelli prodotti successivamente, in questo caso gli utilizzatori non dovrebbero osservare rallentamenti evidenti.
Diverso il discorso per le CPU più datate, come per esempio quelle appartenenti alla linea Haswell, un terminale dotato di tali componenti potrebbe risultare palesemente meno prestante. Tali effetti potrebbero poi risultare ancora più consistenti nel caso in cui si lavori con un computer che non presenta Windows 10 come piattaforma operativa.
I benchmark avrebbero infatti evidenziato un importante calo di prestazioni in macchine dotate di Windows 8.1 e Windows 7; le prospettive potrebbero poi essere ancora peggiori per le installazioni di Windows Server, un sistema che per sua natura è chiamato ad eseguire applicazioni e processi particolarmente avidi in termini di risorse.