Ad oggi l’Italia si piazzerebbe al 25° posto nella classifica UE della digitalizzazione, a tale dato si aggiunga che mancherebbero 33 mila specialisti in tecnologia e che la Penisola è soltanto quarantesima al mondo per punteggio GTCI (Global Talent Competitive Index). Nonostante ciò l’87% degli italiani si dichiarerebe ottimista sugli effetti della digitalizzazione e l’85% dei lavoratori sarebbe disponibile ad investire il proprio tempo libero per aggiornarsi.
E’ quanto emerge dai lavori del più recente convegno di Inaz, società specializzata in software e servizi per la gestione delle risorse umane, condotto sotto la guida dell’economista Marco Vitale. Tema centrale di questa edizione è stato "Il percorso dell’impresa nell’era digitale", con particolare attenzione agli effetti della digital transformation nel nostro Paese.
Dai dati analizzati l’Italia emergerebbe come un mercato non innovativo in cui operano però diversi innovatori, come per esempio Davide Dattoli, il fondatore di Talent Garden spa, una realtà incentrata sul coworking che in soli 5 anni è divenuta il primo player europeo del settore con 16 campus distribuiti in 5 diversi paesi.
A cambiare sarebbero soprattutto le aspettative dei giovani nei confronti del mercato del lavoro. Attività come timbrare il cartellino o limitare la propria produttività ad un unico luogo sarebbero sempre meno accettate, ciò in favore di un’operatività svincolata da uffici e orari che sappia sfruttare al meglio gli strumenti offerti da dispositivi mobile e social network.
Ma per l’Italia non vi potrà essere alcuna vera trasformazione digitale senza un impegno fattivo da parte delle istituzioni, alcune iniziative potrebbero contribuire a rendere il Paese più innovativo di quanto non lo sia ora, si pensi per esempio al cosiddetto Piano Industria 4.0, ma sono necessari interventi a lungo termine finalizzati a sostenere l’iniziativa privata.