Una previsione operata da EY e presentata nel corso del EY Capri Digital Summit 2020 stima in 50 miliardi di euro il giro d’affari prodotto dalla Data Economy nel corso dei prossimi anni, in termini percentuali si parla quindi di una crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) pari a 2.8 punti. Attualmente i maggiori limiti della Penisola riguarderebbero la capacità di monetizzare le informazioni.
A titolo di esempio è possibile fare riferimento alla produzione complessiva di dati a livello europeo che oggi si assesterebbe intorno allo ZB all’anno, il Belpaese parteciperebbe a questi volumi per non meno del 20% ma appena un decimo di tale produzione finirebbe per essere effettivamente valorizzata e, di conseguenza, convertita in PIL.
Investire in digitalizzazione ed innovazione per poter sfruttare al meglio le potenzialità della Data Economy
Da questo punto di vista il lavoro non mancherebbe: gli ospedali dovrebbero godere di un maggior contributo da parte dell’IoT (Internet of Things) e dalle connessioni di ultima generazione in 5G, le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero operare all’interno del medesimo network e le imprese, soprattutto quelle di dimensioni contenute, dovrebbero adottare maggiormente soluzioni Cloud based (oggi impiegate solo dal 30% di esse).
Stando ai risultati del DESI (Digital Economy and Society Index), ad oggi l’Italia non andrebbe oltre il 25° posto in Europa in termini di digitalizzazione, mancherebbero soprattutto le competenze professionali necessarie, una cultura diffusa riguardo ai servizi di e-government e una programmazione nazionale organica dedicata alla Digital Transformation.
Secondo l’opinione di industriali e analisti, per colmare tali ritardi il Paese dovrebbe sfruttare adeguatamente gli strumenti e la dotazione economica messi a disposizione dal recovery fund e sfruttare quanto più possibile le nuove opportunità offerte dal 5G e dalle connessioni ultraveloci che determineranno un balzo in avanti della Data Economy.