ln vista delle Elezioni Presidenziali USA del 2020, e in considerazioni degli scandali che hanno coinvolto quelle del 2016, i colossi dell’advertising online stanno definendo le future strategie in tema di annunci pubblicitari di carattere politico. Il guadagno atteso potrebbe essere ingente, ma potrebbe esserlo anche il rischio di dover rendere conto davanti al Congresso.
Twitter, lo sappiamo, ha deciso di chiamarsi fuori: l’advertising elettorale sarà semplicemente vietato e i candidati potranno promuovere i propri programmi soltanto attraverso i followers raccolti nel tempo. Diversa la posizione di Mark Zuckerberg, convinto che allontanare le sponsorizzazioni politiche dai social network possa soffocare il dibattito democratico.
Che il clima non sia tra i più distesi lo dimostrerebbero anche le recenti dichiarazioni di Hillary Clinton, ancora oggi esponente di rilievo del Partito Democratico, convinta che Jack Dorsey e soci abbiano preso la decisione migliore e che anche Facebook dovrebbe rinunciare ai profitti derivanti dalla pubblicità per evitare che l’opinione pubblica venga influenzata negativamente da fake news ed hate speech.
Qual è invece la posizione di Google? Secondo alcune indiscrezioni il gruppo capitanato da Sundar Pichai starebbe modificando le sue policy e tali interventi dovrebbero riguardare tutti gli asset di Alphabet, quindi non soltanto il motore di ricerca più utilizzato della Rete, ma anche YouTube che è uno dei media maggiormente utilizzati per la propaganda politica.
Ad oggi non sarebbero disponibili dettagli riguardo alle iniziative che verranno intraprese da Mountain View, parliamo però dell’azienda leader a livello mondiale nel mercato dell’advertising online. Sarà quindi interessante scoprire se l’opinione di Big G è più vicina a quella di Twitter, schierata per il divieto, o a quella di Menlo Park, i cui dirigenti sono convinti che gli utenti debbano essere liberi di maturare le proprie opinioni.