Secondo una recente inchiesta condotta dai giornalisti del The Guardian gli strumenti fino ad ora utilizzati da Facebook per arginare il fenomeno delle fake news si sarebbero dimostrati inefficaci. Una conclusione basata per il momento su constatazioni empiriche, perché fino ad ora Menlo Park non avrebbe mai diffuso dati ufficiali sui risultati ottenuti.
Mark Zuckerberg e soci hanno attivato un programma per il fact checking puntando sulla collaborazione con società esterne, ciò avrebbe dovuto garantire la massima obbiettività possibile nella verifica delle fonti e delle informazioni riportate sul news feed, ma sempre a parere del prestigioso quotidiano britannico le cose non sarebbero andate in questo modo.
Alcuni dei consulenti impegnati nel fact checking verrebbero infatti retribuiti per il loro contributo, in ciò non vi sarebbe nulla di male se non per il fatto che un rapporto di dipendenza di questo genere finirebbe per creare un vero e proprio conflitto di interessi. Diverrebbe in pratica molto rischioso criticare l’operato di Facebook se non in forma anonima.
Le fake news sul Sito in Blue invece di diminuire starebbero aumentando costantemente, questo perché i collaboratori impegnati nella lotta a tale fenomeno starebbero lavorando senza che Menlo Park fornisca loro i dati necessari a comprendere l’efficacia del proprio operato. Contrastare la disinformazione diventerebbe quindi impossibile in tali condizioni.
Le fonti (anonime) del The Guardian descriverebbero un panorama nel quale risulterebbe abbastanza difficile capire quale sia il reale impegno di Facebook contro le fake news, chiamare a raccolta partner come Associated Press, Snopes, ABC News e FactCheck.org potrebbe quindi apparire come una semplice strategia pubblicitaria.