E’ una storia abbastanza intricata quella di Onavo VPN, applicazione che nelle intenzioni, e soprattutto nelle dichiarazioni, degli sviluppatori sarebbe dovuta servire per limitare il consumo di dati in corso di navigazione. Distribuita da Facebook, è stata poi al centro di numerose polemiche per l’utilizzo imprevisto che ne avrebbe fatto quest’ultimo.
Una VPN utilizzata per il marketing
Tecnicamente una VPN (Virtual Private Network) dovrebbe garantire una protezione per gli utenti, piattaforme di questo genere vengo utilizzate per esempio dai cittadini di Paesi non democratici per superare le limitazioni imposte dai regimi locali. Nel caso di Onavo VPN essa sarebbe stata sfruttata invece per raccogliere informazioni sulle abitudini degli utilizzatori in Rete con finalità di marketing.
Nello specifico l’applicazione tramite la quale accedere alla VPN conterrebbe buona parte del codice presente in Facebook Research, a sua volta un’App proposta ai più giovani in cambio di un pagamento in denaro il cui vero scopo sarebbe stato quello di monitorare la navigazione di questi ultimi per eseguire delle ricerche di mercato.
Dai sospetti alla rimozione della store di Apple
Alcuni mesi fa i sospetti sul funzionamento di Onavo VPN ne avrebbero determinato la rimozione dall’App Store di Cupertino, ora lo stesso destino sarebbe toccato alla variante per Android pubblicata sul Play Store. Tra i dati raccolti attraverso di essa vi sarebbero stati, ad esempio, quelli relativi ai siti Web visitati, al modello di device utilizzato, al tipo di rete impiegata e ai tempi di permanenza online.
Stando alle notizie attualmente disponibili sarebbe stato proprio grazie alle informazioni recuperate con Onavo VPN che Mark Zuckerberg e soci hanno deciso di spendere oltre 17 miliardi di dollari per acquisire WhatsApp. Abbandonando questa strategia, Menlo Park starebbe progettando di utilizzare estensivamente un nuovo sistema per la raccolta dei dati di mercato basato sulla ricompensa.