Stando alle rilevazioni effettuate dalla BCE (Banca Centrale Europea) e riportate nel report "The digital economy and the euro area", l’Italia sarebbe il quartultimo paese europeo dal punto di vista dello sviluppo della Digital Economy in una classifica che vede la Spagna, la nazione a noi culturalmente più vicina del Vecchio Continente, in seconda posizione.
Nel corso degli ultimi anni la Penisola è stata protagonista di sforzi notevoli per la diffusione delle connessioni ultraveloci e delle relative infrastrutture, questo impegno non sarebbe però bastato a registrare performance migliori di realtà industrialmente meno avanzate come per esempio la Polonia, l’Ungheria, la Lituania e persino Cipro.
Mancanza di skill e tecnologia per la gestione digitale dei servizi pubblici
Considerando una media europea pari a più di 6 punti per un indice di digitalizzazione che va da 0 a 10, il Belpaese non supererebbe i 4.5 punti. All’Italia mancherebbero in particolare professionisti sufficientemente competenti in discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e tecnologie per l’e-government che semplifichino la quotidianità di cittadini e imprese.
Nonostante gli evidenti miglioramenti conseguiti dalla Penisola durante l’ultimo quinquennio (nel 2015 il tasso di adozione del digitale era pari a 30 punti contro gli attuali 60), a compensare il ritardo italiano non sarebbe bastata neanche la sostanziale accelerazione verso la conversione tecnologica motivata dall’emergenza pandemica e dai conseguenti lockdown.
Questa condizione si rifletterebbe anche nelle dinamiche del mercato del lavoro, se infatti in Lussemburgo ben il 22% degli occupati sarebbe impiegato in professioni che richiedono skill digitali, un risultato persino migliore di quello degli Stati Uniti, tale percentuale scenderebbe al 7% per l’Italia a pari merito con la Grecia e la Slovacchia.