Il Garante italiano per la protezione dei dati personali ha inviato una richiesta di informazioni alla Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence e alla Beijing DeepSeek Artificial Intelligence. Si tratta delle società che forniscono il servizio di chatbot DeepSeek, sia tramite piattaforma web che attraverso un’applicazione apposita. Tale iniziativa ricorda quella che a suo tempo coinvolse OpenAI, chiamata a chiarire le modalità di trattamento dei dati gestiti tramite il chatbot ChatGPT.
DeepSeek è un rischio per i dati degli utenti?
Nelle scorse ore l’Autorità ha formulato la sua richiesta tenendo conto del potenziale rischio per i dati di milioni di persone in Italia. Ha quindi chiesto alle due società asiatiche e alle loro affiliate di confermare:
- quali siano i dati personali raccolti;
- da quali fonti vengono raccolti;
- per quali finalità sono utilizzati;
- quale sia la base giuridica del loro trattamento;
- se vengano conservati su server collocati in Cina.
Il Garante ha poi richiesto alle due società che tipo di informazioni vengano impiegate per addestrare il sistema di intelligenza artificiale. Nel caso in cui i dati personali siano raccolti attraverso attività di web scraping si dovrà poi chiarire come gli utenti iscritti e quelli non iscritti al servizio siano stati o vengano informati sul trattamento dei propri dati. Le società dovranno quindi fornire le informazioni richieste dal Garante entro 20 giorni.
Il successo della AI cinese
DeepSeek deve il suo successo al modello di AI R1 che è stato sviluppato tramite l’apprendimento per rinforzo su larga scala. Senza l’uso di fine-tuning supervisionato preliminare.
Si tratta di un LLM (Large Langua Model) rilasciato sotto licenza open source in grado di garantire prestazioni paragonabili a quelle di OpenAI-o1 in task di matematica, programmazione e ragionamento. A suo favore abbiamo però una maggiore efficienza energetica e un costo nettamente inferiore rispetto ai modelli creati in occidente.