La Foxconn fa ancora parlare di se. Dopo i recenti disordini e le continue polemiche sulle condizioni di lavoro all’interno dei suoi stabilimenti (incredibile il tasso di suicidi tra i dipendenti dell’azienda cinese), questa volta i lavoratori di questo colosso dell’elettronica (che serve giganti del calibro di Apple, Sony e Nokia) hanno deciso di incrociare le braccia e di scioperare.
Turni di lavoro massacranti, paghe ai limiti del sostentamento e le sempre maggiori pretese della proprietà (che ha recentemente chiesto agli operai di aumentare il livello di qualità nella produzione a seguito di alcune lamentele di Apple circa alcune imperfezioni rilevate nei nuovissimi iPhone 5) hanno probabilmente portato all’esasperazione la forza lavoro ("animali" come li ha definiti il CEO dell’azienda Terry Gou con un’espressione, a detta della Foxconn, mal interpretata dai giornalisti dell’emittente televisiva Abc).
Secondo alcuni osservatori questo sciopero potrebbe avere delle conseguenze anche pesanti per quanto riguarda i tempi di consegna dei richiestissimi iPhone 5, ma i vertici di Foxconn hanno subito rassicurato il mercato smentendo con una nota la notizia dello sciopero presso l’azienda di Zhengzhou: "Tutte le notizie secondo cui c’è stato uno sciopero dei dipendenti sono inesatte e non ha avuto luogo alcun fermo dello stabilimento di Zhengzhou nè di qualsiasi altro impianto Foxconn, mentre la produzione è proseguita secondo la programmazione".
Trattandosi dell’ermetica Cina è difficile dire se si tratti o meno di un vero sciopero, ma c’è d’augurarsi che anche nel paese asiatico vadano facendosi largo delle istanze di equità e giustizia civile che portino i lavoratori cinesi a condizioni di vita più accettabili ed, al contempo, ad un innalzamento dei costi di produzione che rendano la concorrenza cinese più sopportabile per i paesi occidentali che producono seguendo norme severe e nel rispetto dei lavoratori.